Non tratterò qui nè di musicoterapia nè di un tema ben preciso, voglio piuttosto invitare il lettore a riflettere sull'importanza che può avere lasciarsi sempre uno spazio di ascolto di musica, sia per accompagnare un'attività sia per rilassarsi e staccare. Potrà pur sembrare banale l'invito a questo tipo di riflessione ma nella pratica clinica mi accorgo spesso che ci si allontana sin troppo facilmente anche da comportamenti banali, magari perchè in un certo momento li si ritiene superflui, oppure perchè si è così dentro il malessere che tutto viene "lasciato per strada" e si rinuncia a quei gesti semplici che possono accrescere il nostro benessere e migliorare la nostra qualità della vita.
Ecco di seguito alcuni dati emersi da varie ricerche che credo mettano in luce le potenzialità della musica.
Secondo uno studio della Georgia Southern University, la musica aiuta a controllare i livelli di attivazione fisiologica (arousal) prima e dopo la gara, aiuta gli atleti a concentrarsi in vista della performance e crea il giusto spirito di squadra nel corso di essa. Una ricerca della Brunel University (Londra) stima che la musica giusta possa aumentare la resistenza fisica del 15%. E un altro studio britannico del 2005 ha dimostrato che l'ascolto di musica può migliorare del 20% le prestazioni sportive.
Ricercatori canadesi hanno osservato che far ascoltare musica a neonati prematuri aiuta i piccoli a sopportare meglio il dolore e incoraggia migliori abitudini alimentari, favorendo l'aumento di peso, ciò avviene in particolar modo con la musica classica.
La musica è un importante strumento di riabilitazione cognitiva per chi ha subito lesioni cerebrali, o affronta le conseguenze di malattie neurodegenerative. L'ascolto della musica preferita può migliorare l'umore e la collaborazione di pazienti colpiti da ictus; stimolazioni ritmiche sonore possono aiutare nel recupero di alcune funzioni linguistiche e sonore. Nei pazienti con Parkinson, servono da coaudiuvanti negli esercizi volti al recupero dell'equilibrio.
Una ricerca poi molto interessante è quella fatta dai ricercatori dell'Università del North Carolina, e della Wake Forest School of Medicine di Winston-Salem (USA), che hanno esaminato le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) di 21 volontari sottoposti all'ascolto di brani musicali di vario genere. In particolare, sono state analizzate le scansioni cerebrali prese in tre condizioni: l'ascolto di un pezzo del proprio genere preferito, di un pezzo del genere meno amato, e della propria canzone favorita in assoluto. Le analisi hanno evidenziato che, quando si sente la propria canzone preferita, nel cervello si attiva una rete di aree cerebrali chiamata default mode network (DMN): un circuito importante per il lavoro mentale di introspezione e di elaborazione di piani, progetti e azioni, che funziona solitamente quando una persona è sveglia, ma a riposo (nei momenti, cioè, in cui possiamo lasciare la mente libera di vagare). Lo stesso circuito si disattiva temporaneamente quando ascoltiamo una canzone che non ci piace. Il nostro pezzo preferito sembra inolte potenziare la connettività tra le regioni cerebrali che processano gli stimoli uditivi e l'ippocampo, una struttura cerebrale implicata nel consolidamento della memoria e delle emozioni sociali. Entrambe le condizioni si verificano indipendentemente dal genere cui appartiene la canzone preferita, e sia essa con o senza parole.
Mi fermo qui con i cenni sull'argomento e giocando con un famoso detto popolare mi viene da affermare che un pò di sana musica al giorno forse non basta a togliere medico e psicologo di torno ma di sicuro aiuta!