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  • GILDA DI NARDO

Dalla benda al fiore: il "romanzo" sul viaggio della psicoterapia


In questo post descrivo, in maniera per così dire romanzata, un percorso di psicoterapia. Racconto qui di seguito delle immagini che mi sono venute in mente mentre riflettevo su come si sviluppa un percorso di psicoterapia. La prima immagine a cui ho pensato è una benda, è la fase in cui il paziente vede dei sintomi, dei problemi o anche e solo degli obiettivi ma, come bendato, non vede ciò che lo blocca nel risolverli o raggiungerli o comunque non vede, ciò che è significativo. Come se avesse una spina conficcata nella mano riesce solo a sentire dolore o fastidio; allo stesso tempo il terapeuta, anch'egli momentaneamente impossibilitato a vedere al di là di ciò che si manifesta come sintomo o bisogno del paziente, fa salire il paziente su una carrozza mettendosi alla guida. Inizia così un viaggio, con tappe in luoghi significativi, in cui il paziente impara a guardare il mondo attraverso gli occhi del terapeuta che strada facendo lo invita ad ascoltare, a toccare oggetti nuovi, gli offre nuovi significati e così mentre per il terapeuta alla guida il percorso si fa più chiaro e certo, il paziente a volte tentenna, altre vuole scendere dalla carrozza, altre ancora prova ad affrettare il passo o si scoraggia perchè a lui sembra di visitare sempre gli stessi luoghi cupi e dolorosi, ci ricasca, è come bloccato in un paese di orrori ed errori; ma la sua guida lo rassicura e lo invita piuttosto a tenere memoria del percorso perchè una volta finita la terapia dovrà percorrerlo da solo. Ecco così che piano piano il paziente inizia a prendere confidenza col viaggio e come per incanto scopre di non essere bendato, semplicemente non sapeva guardare. E di nuovo vorrebbe correre perchè desideroso di arrivare o arrestarsi perchè troppo preoccupato del compito impegnativo che gli toccherà una volta solo. Il terapeuta arresta quindi la carrozza e chiede al paziente di guardarsi intorno, ora che sa di non essere più bendato. Lo invita ad osservare il percorso compiuto assieme tra terre deserte, fitti boschi paurosi e pianure verdeggianti, gli chiede di tenere a mente, di fare un distinguo tra rami morti e germogli appena nati, tra pericoli e possibilità, tra ciò che ormai è stato, quello che è e ciò che può ancora essere. A questo punto il passeggero, il paziente, si accorge di non sentire più il fastidio o il dolore della spina, inizia a guardare la mano senza spina, tanto il conforto, molta anche la paura. Di nuovo la sua guida lo rassicura e lo invita a sedersi affianco a lui, è il momento di imparare a guidare. Nel provare a prendere le briglie, il paziente guarda nuovamente la sua mano e lì dove c'era una spina vede sbocciare un fiore: il suo sintomo, il suo problema lo ha portato a riprendere in mano la propria vita, un nuovo significato e nuove possibilità sono sbocciate tra le sue mani. Il timore che il fiore appassisca è tanto ma tanto anche lo stupore nel comprendere che quella che per tanto tempo aveva considerato una spina malefica era invece un germoglio che non riusciva a sbocciare. A questo punto qualcuno procede dritto, un po' di affiancamento al guidatore e poi via verso nuove solitarie avventure; qualcun altro tenta di tornare a fare il passeggero, ha paura di restare solo; qualcun altro ancora inizia a guidare all'impazzata ed è l'esperienza della sua guida che ancora lo affianca a placarlo, a ricordargli di dare il giusto ritmo, la giusta attenzione al fiore della sua nuova vita. In ogni caso, il paziente, mentre vede la sua guida affidargli la carrozza e allontanarsi in quel luogo sicuro in cui sa di poterlo ritrovare, è ora pronto, può viaggiare da solo attraverso le avventure della sua vita.

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