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  • Gilda Di Nardo

Un'ansia incomprensibile...ma anche no


Riprendo con questo post quella che nel mio vecchio sito era una consuetudine, l'intervista a vecchi pazienti. Tra un post su argomenti vari e l'altro capiterà quindi di trovarne varie. Quella di oggi è l'intervista a Paolo.

Ciao Paolo, puoi dire qualcosa di te e del perchè eri venuto in terapia da me?

All'epoca avevo 35 anni, oggi ne ho 40 e son due anni che non sono più un tuo paziente fisso. Che dire... è difficile per me parlarne ma in fin dei conti mi fa piacere, perchè significa che son riuscito ad andare oltre quel periodaccio. La cosa principale che ricordo è che non ne potevo più, ricordo che avevo dei sintomi che da quanto potevo capire erano di ansia ma non c'era solo quello, iniziavo ad evitare tutti e tutto e più lo facevo più amici e famigliari pur volendo aiutarmi tendevano a sminuire il mio disagio o a esasperarlo andando in ansia a loro volta ...anche perchè io cercavo di non parlarne e non riuscivo a farlo apertamente con nessuno. Così ho deciso che volevo capire meglio e stare meglio. Anche perchè quelli che ho poi saputo chiamarsi tecnicamente "pensieri intrusivi" iniziavano a farmi paura, non li comprendevo affatto e li rifiutavo.

E' stato un percorso facile? O come lo definiresti? Rispetto alla situazione in cui ero è stato un percorso obbligato, o mi facevo aiutare o non sapevo davvero come uscirne. Facile? No, ma nemmeno difficile, direi entrambe le cose a seconda dei momenti, sicuramente è stato più facile entrare in psicoterapia che restare nel malessere.

Quali sono state le maggiori difficoltà e i fattori facilitanti?

Accettare dei sintomi che non decifravo, capire che ne ero dominato e che tutto era collegato...E poi c'era una parte di me che quasi sperava di essere grave e irrecuperabile, cioè ne ero spaventato, ma almeno se non ci fosse stato nulla da fare avrei potuto lasciarmi andare, ero stanco. Ora mi viene da ridere a dirlo e mi sembra assurdo che stessi messo così. Ma è la verità. E per fortuna oggi ci rido su. Credo che confrontarmi con quel meccanismo del rimuginare continuo sia stata per me la chiave di volta imparare a fermare i pensieri.

A distanza di qualche anno dal termine del tuo percorso credi che ciò che hai potuto apprendere durante la psicoterapia ti sia ancora utile?

Certo, non solo ho risolto e compreso quel malessere, ma ho capito che gli ero affezionato, col mio rimuginare continuo non volevo lasciarlo andare e lo usavo per tenere a distanza gli altri o in altri casi mi ostinavo a volergli far capire quanto stessi male; era anche reclamare giustizia di cose che mi facevano rabbia questo l'ho iniziato a capire solo dopo il primo anno di terapia. Questo è stato fondamentale per me, cercavo di capire i sintomi, non mi bastavano pareri, spiegazioni nulla poteva giustificare quanto stessi male...pazzo non ero ma neppure stavo bene e rimuginavo in continuo su questo; ma se qualcuno mi diceva che non era nulla mi arrabbiavo, se mi dicevano che evidentemente stavo molto male comunque non mi bastava e pnesavo pensavo, cercavo... Cercavo definizioni e poi le fuggivo perchè così potevo evitare di pensare al resto... Bloccavo la mia vita alimentando i miei pensieri.Ma poi assieme a te l'ho capito e oggi come oggi ho capito che quando tendo a divenire troppo ansioso o a rimuginarci troppo devo rivedere qualcosa di quello che mi sta accadendo ...ora non mi va di dire di più, ma tu sai cosa intendo. Comunque ora sto bene, certo a volte penso " e se mi ricapita?" ma so anche che se pure mi ricapitasse come ne sono uscito una volta ne riuscirò.

Cosa ti sentiresti di dire a chi sta attraversando un momento simile al tuo di qualche anno fa?

Di non farsi fregare dai propri schemi mentali, dalla paura e dalla rabbia Mi dai un titolo per quest'intervista, o meglio per il tuo percorso di psicoterapia?

Un'ansia incomprensibile...ma anche no!

Grazie

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